Nicola è uno di quelli.
Ne conosciamo, di pescatori, lungo la nostra avventura.
Si inizia da bimbi, a raccoglier gamberetti e bavose nelle pozze di marea e si finisce per diventare “maestri”.
O meglio, alcuni lo diventano, altri con quella particolare luce negli occhi ci nascono.
Mettiamola così: il “manico” si coltiva, il “senso dell’acqua” si affina, ma quella luce…con quella ci nasci.
Sono quei pescatori che sempre ed in ogni contesto hanno una marcia in più, un “dono”.
Ti infondono sicurezza, sai già che niente è lasciato al fato, in ogni caso, vada come vada, loro si distingueranno.
Nel calcio sono i fuoriclasse.
Nicola è uno di quelli ed io, vecchio topo di stiva, l’ho capito al primo sguardo, l’ho vista subito, quella luce.
L’appuntamento è al porto. Alle prime luci dell’alba dobbiamo essere in navigazione; Lo saremo, dopo la solita sosta per far gasolio e per il primo, avvelenato, caffè.
Neanche il tempo di abbracciarci e siamo già per mare. L’alba è fresca e pungente.
Nicola è ai comandi, io mi trovo a prua, ho sfilato le nostre canne dai foderi e sto congiungendo il nylon al trecciato. Presto attenzione al nodo che sto facendo alla lenza del comandante. Sarà mia la responsabilità della tenuta di quel nodo.
La battuta di oggi, organizzata nei giorni precedenti, è dedicata al bolentino.
E’ una tecnica antica. Come il tocco per la canna da riva (che se fatto con la pasta è di certo il più bel diletto) il bolentino è la palestra della pesca da natante.
Io a bolentino non ho pescato che poche volte, ma il tocco l’ho praticato per anni e sono sicuro che il manico non mi tradirà. Non sfigurerò con il mio amico.
La mia canna è prestata da Amedeo. E’ una splendida Tubertini teleregolabile con tre cimini. Ne saggio l’azione piegandoli tra le mani. Ne scelgo uno.
Ad una canna così moderna non posso che abbinare un mulinello storico. E’ una mia personale convinzione che nel complesso pescante almeno uno degli elementi debba aver vissuto altre epoche. Respirato l’aria della vera pesca. Debba avere, insomma, una storia da raccontare.
Così la scelta ricade su un glorioso Penn SS 550. Ha quasi trent’anni ma è potente e fluido come non mai.
Giunti sulla secca Nicola scandaglia meticolosamente il fondo in cerca di segnali: dopo un quarto d’ora ci decidiamo e l’ancora fende il blu cangiante che ci fa da tappeto.
Siamo in pesca in pochi minuti: inizialmente non pasturiamo.
I nostri terminali sono simili, montature molto raccolte a tre ami guarnite di gambero freschissimo. Pochi minuti ed il primo pagello è già in barca, altri brevi istanti ed anche io ne imbarco uno splendido. Le catture si susseguono con una discreta continuità, la corrente non è molta ed il brumeggio, ora, sta facendo il suo lavoro.
Potremmo continuare, ma senza parole ci siamo già detti che le nostre mire sono altre.
“Che dici Dario, cerchiamo qualche sarago?” “ Si Nico, spostiamoci”.
A breve siamo su un fondale che promette bene, è più basso e la strumentazione marca qualche pesce.
Ricomincia la danza, qualche pagello di dimensioni minori, piccole tanute e poi lui. Sarago testa nera, piccolo ma promettente sulla canna di Nicola. Dopo qualche cala anche io, tra sciarrani e perchie, tiro su un saragotto, stavolta maggiore.
Le tocche spariscono, bocconi intatti. Nicola mi fa notare che lo scarroccio ci ha portato sopra una chiazza di posidonia ed i terminali si nascondono. Lui inizia a lanciare ai bordi della chiazza e le tocche ricominciano.
Decidiamo di cambiare strategia, ci invertiamo di ruolo. Lui cala di piombatura: passa dai 150 ai 100 e sfrutta una ideale passata, trova subito qualche bel pagello. Io viceversa aumento il carico e cerco il contatto con il fondo, seguo lo scarroccio filando un minimo di lenza.
Una settimana di antibiotici per una persistente bronchite mi ha sfiancato, complice il mare non proprio dei più clementi il mio stomaco è sottosopra. Lancio, appoggio la canna e, occhio alla cima, afferro un biscotto.
“Dario, tocca!” ...“Ho visto Nico, toccate timide, nulla di serio”: Mentre pronuncio questa frase ecco una tocca secca, prendo la canna, ferro.
Muro.
“Sembra un’orata”, penso.
Pompo immediatamente per staccare il pesce dal fondo. E’ una tattica che imparai pescando i cefali al tocco tra i rimorchiatori, era l’unico sistema per guadagnare immediatamente un buon vantaggio sull’avversario, prima che si accorgesse dell’accaduto. Funziona, l’ho staccato di 5 metri buoni, a quel punto lui sente puzza di carbonella e inizia la giostra: Testate, fughe in picchiata sul fondo.
“Non è un’orata” ripenso “sembra lui”, ma non lo dichiaro.
Ho il mio finale preferito e so di potermelo permettere: prolungo il combattimento; quando mi fermo per sfilare il teleregolo ed allungare al massimo la canna, per saggiarne l’azione, Nicola sbuffa “stai proprio facendo di tutto per perderlo, questo pesce!” io sorrido.
Mette mano al telefono: “ora ti faccio un video...
VideoE' a pagliolo, è bellissimo.
Ci guardiamo felici, parte il “cinque” retaggio dell’adolescenza che fu.
“Ora pensiamo al pesce serio”, mi fa. Io lo guardo e annuisco, “che matto”, penso tra me e me.
Ma negli occhi ha quella luce, ed io so già che avrà ragione.
Così montiamo canne e mulinelli, lego i finali al trecciato e saggio i nodi di giunzione con scrupolo, stavolta non si scherza, è uno 0.70 quello che ho sottomano, e le mire sono ambiziose.
I terminali sono splendidi, li ha fatti il mio compare, che me ne spiega i segreti. Mi mostra l’innesco del polpo, io lo riproduco sulla mia canna.
Siamo di nuovo in navigazione, scarrocciamo lungo una cigliata.
“Compà, che tecnica del cavolo!” gli dico, ma nel frattanto sono aggrappato alla mia canna, e la impugno con i nervi tesi, so che non si scherza, la mia frase è quanto di più siculianamente scaramantico potessi pronunciare.
Due, tre tocche sul mio polpo. Robetta.
Passano pochi istanti e Nicola ferra: “C’E’” è tutto quello che riesce a dirmi, da quel momento non parliamo più.
Recupero precipitosamente, non so che diamine abbia allamato e voglio lasciargli campo libero.
Poi è raffio, poi risate ed abbracci.
"Insieme abbiamo troppo culo, compà”; lui è piegato, sta slamando il pesce, si volta e si fa serio: “Non è culo”.
“Ha ragione”, penso, “non è culo”, lui è uno di quelli.
Edited by Dario Valmori - 27/11/2012, 09:37Attached Image: IMG_4575