Dico finalmente, ed è un molteplice esultare, perché ottengo tutto quello che mi frullava nella mente: tornare al mare, fare rock in certe, quasi proibitive, condizioni dalle “mie” falesie, e cavare un pesciotto.
In rigorosa contemporaneità.
Esco di casa, una robusta tre pezzi e uno zainetto con il minimo indispensabile.Non ricordo di essere mai andato a pesca con così poco.
Anche le esche sono al minimo: niente bibi, Stefano ( proprietario del negozio di fiducia) mi regala un po’ di sarde congelate , delle scuffiette ( i coppolaricchi per intendersi….) e mi da’ la sua benedizione. Il classico: Vai !!!
E io vado, vado.
Nella pesca spesso e volentieri regna l’incertezza. Stavolta no ( vabbè sto esagerando….. ) il che significa arrivare in scogliera e sapere cosa ti aspetta: Vento, onde, schiuma e pioggia.
In queste condizioni non c’è fretta di arrivare sullo spot, se i pesci girano si prendono: arrivo
quando mi pare, smetterò quando mi sento appagato….
Vado diretto per il luogo scelto, le condizioni sono quelle che cercavo.Uno scoglio sulla destra mi protegge dallo scirocco e l’ansa che crea è tutta schiuma, l’acqua è ancora abbastanza chiara.
Cinque minuti e la canna è in pesca.
Appena dietro la schiuma, non sono venti metri, meno meno.
Passa forse un quarto d’ora quando vedo la botta, decisa sulla canna, non ci credo, aspetto ancora un attimo per averne la certezza. Si rifà sentire, sorrido, ferro: lo vedo quasi subito, tanto vicino ho lanciato; mi regala tre o quattro belle testate, poi si arrende.
Non mi passa neppure per la mente se rilasciarlo o no.
E’mio e me lo tengo.
Mi sento un bambino, che ha ottenuto quello che voleva.
E’ tanto tempo che penso di prenderne in questo modo, in questi luoghi e lo devo rilasciare ? non mi passa neppure per la testa ( eppure tante altre volte ne ho rilasciato di pesce e anche di più bello, ma erano altre situazioni) gli concederò l’onore di essere accompagnato alla mia tavola, da un bel bicchiere di vino bianco, di quelli seri.Anche in quel momento saremo soli, io e lui e ad entrambi mancherà il mare.
Del sentirsi appagato.
Le ultime parole famose, solo quando non riesco più a tenere la canna per il vento e il rischio di essere investito dalle onde, capisco, mi tocca decidere.
E’ l’ora di smettere.
Sono passate al massimo un paio di ore da quando sono arrivato.
La ragione mi costringe ad essere appagato.
Ma non voglio lasciare il mare, il vento e la pioggia. Smonto tutto e vado, inizio a camminare, respiro mare, voglio che mi ubriachi: io, una canna, uno zainetto e il mare.
VideoNirvana.
Spero di trovare un altro posto dove mettermi, ma non ne farò una malattia se non lo troverò.
Rientro a casa dopo un altro paio di ore.
E’ stato così, bellissimo.
Dettagli.
1) Tecnica: piombo a perdere, 0.45 diretto in bobina, finale dello 0,35.
Nello zainetto avevo due bobine di filo (0,35 e 0,20, per il piombo a perdere ) una bustina di stopper in caucciù (unica concessione "tecnologica") una di girelle robuste, una di ami del 2, 10 piombi, un rocchetto di filo elastico, un paio di forbici e uno straccio.
2) Tra le scuffiette, trovo due polpetti, ne innesco uno ( il famoso polpo manovrato), passano cinque minuti, botta, ferro, si è intanato, pompo un po’ e viene su , a peso quasi morto: un’enorme ( viste le normali dimensioni della specie) coloratissimo sciarrano scriba.
Un secondo e riprende la strada per la tana.